Home page

 

 

N.21. – Emanazioni vulcaniche.

 

     Per una migliore comprensione dei termini scientifici usati dal Palmieri, a proposito dei componenti delle emanazioni vulcaniche, ritengo utile darne una spiegazione diretta, anche se non indispensabile per molti Lettori, utilizzando lo stesso linguaggio dell’Autore.

 

21.1. - Lava.

La lava è una materia fusa più o meno scorrevole con una temperatura, nel primo uscire dalle bocche (di eruzione) poco superiore ai 1000 °C, che conserva ancora lo stato pastoso ad una temperatura di circa 700 °C; passando, dal più alto grado d’incandescenza , al rosso oscuro e quindi rimanendo per qualche altro tempo ancora in qualche modo pieghevole, finalmente si rappiglia in durissimo sasso; onde ci pare felicissima l’espressione di Virgilio, in proposito alle lave dell’Etna che definiva sassi liquefatti: Liquefactaque volgere saxa.

Per quel che riguarda la velocità con cui scorrono le lave, Palmieri osserva che questa dipende dal tipo di lava; comunque la maggiore velocità osservata dallo stesso Palmieri, presso le bocche di eruzione del 1868 del Vesuvio era di 180 metri al minuto; ma a notevole distanza dalle bocche si riduce di molto, per cui i poeti che la osservano lontano dalle bocche usano chiamare le lave pigri fluidi.

        

Proprietà delle lave.

La lava è costituita da silicati di ferro, o di alluminio, o di rame, o di piombo, o di calcio, o di potassio, o di sodio, o da altri.

Le lave si distinguono anche per i cristalli che contengono. Ad esempio, le lave del Vesuvio contengono cristalli di lencite e di pirosseni.

Quanto al colore della lava, appena uscita dalla bocca di eruzione, la lava appare di colore chiaro intenso, ma poi si copre di una pellicola che gradualmente s’ingrossa e si oscura; spesso si divide in frammenti che galleggiano sulla stessa lava, oppure non si rompe ma si trasforma in rughe dall’aspetto di cordami.

Le lave  si dividono in acide e basiche a seconda di una maggiore o minore quantità di silice.

Le lave basiche del Vesuvio hanno peso specifico più alto di quelle acide, e colore scuro; contengono molto ferro e fondono facilmente.

Queste lave sono conosciute sotto il nome di basalti e si adoperano per la pavimentazione delle piazze e delle strade delle città.

 

Colate laviche.

Le lave che scendono lunghe le falde del vulcano provenienti dal cono centrale o da conetti laterali si chiamano colate laviche.

Le loro dimensioni sono variabili. Ad esempio la colata lavica che danneggiò gravemente Torre del Greco durante l’eruzione del 1794 aveva una lunghezza di 5.700 metri, una larghezza di 650 metri, e un volume complessivo stimato in 15 milioni di metri cubi.

 

21.2. – Fumarole.

     Le lave emettono molto fumo, specialmente quando cominciano a raffreddarsi; ciò accade, ad esempio, quando giungono sulle sponde dei torrenti di lave da esse stesse formati.

     Il fumo emesso è costituito da vapore acqueo, cloruri alcalini, tra cui principalmente il cloruro di sodio.

Dopo un progressivo rallentamento, la lava si ferma, e il fumo emesso proviene da un centro ben preciso del mucchio così formato.

In questo centro si vede ancora la lava incandescente, specie di notte.

Il fumo che fuoriesce attraversa le cosiddette fumarole delle lave (Covelli le chiama fummajoli).

Le fumarole sono quindi costituite da comunicazioni fra la parte interna della lava, ancora fluida, e quella esterna, già indurita; da queste aperture escono emanazioni (il fumo), inizialmente neutre, ossia né acide, né alcaline.

L’attività delle fumarole dipende dallo spessore della lava; quelle formatesi su grandi masse di lava possono durare mesi ed anche anni.

Ma, dopo un certo tempo, le fumarole sono spente, ossia non producono più emanazioni visibili, e tuttavia conservano una temperatura superiore a quella della lava sovrastante.

Dopo un certo tempo le emanazioni delle fumarole da neutre divengono acide; il primo acido che si palesa insieme col fumo è l’acido cloridrico; in seguito, se la fumarola mantiene la sua attività, appare anche l’acido solforoso e dopo anche l’idrogeno solforoso.

Nella prima fase di emanazione, ossia nella fase delle emanazioni neutre, intorno all’orlo delle fumarole si formano delle sublimazioni bianche o anche nere: il bianco è generalmente sale comune, il nero ossido di rame; qualche volta le sublimazioni sono costituite anche di sale ammoniaco.

Nella fase in cui le emanazioni delle fumarole sono acide, soprattutto nelle grandi lave, le emanazioni stesse si colorano di giallo per la presenza di sesquicloruro di ferro, o, nelle lave di piccola quantità, in giallo non deliquescente, costituito da cloruro di piombo o di rame; altre volte le sublimazioni sono di colore verde.

La presenza dell’acido solforoso trasforma una parte dei cloruri in solfiti e solfati.

Da alcune indagini, compiute da altri scienziati e dal Palmieri stesso, risulta che tra i componenti delle sublimazioni sono presenti anche il tallio, il litio, l’acido borico e il cloruro di calcio quasi sempre unito al sesquicloruro di ferro; nelle sublimazioni del 1872, al Vesuvio, era presente anche il solfuro d’arsenico.

        

 

21.3. -- Fumo, proiettili, lapilli, sabbie, ceneri.

        

a) Fumo.

Il fumo viene emesso dalle fumarole, ma anche dalle bocche di eruzioni, e, quest’ultimo, non è differente dal precedente; anche questo fumo nel periodo di massima attività è neutro, ossia né acido né alcalino; successivamente diventa acido.

Palmieri ne ha avuto esperienza diretta durante la notte tra il 26 e il 27 aprile 1872, perché era presso l’Osservatorio circondato dalle lave, sotto una pioggia di scorie, ma senza eccessivi inconvenienti, perché in quelle lave non erano ancora presenti gli acidi dannosi alla respirazione.

Insieme al fumo dopo questa prima fase neutra, si presentano gli acidi, come abbiamo già visto per le fumarole.

In altre parole, una bocca di eruzione si comporta come una grande fumarola.

Se in queste circostanze piove, allora le acque che cadono si arricchiscono di acidi e danneggiano gravemente le piante circostanti.

 

b) Proiettili.

I proiettili sono brani di lava ancora pastosa, che da lontano sembrano faville in mezzo al fumo; talvolta sono anche costituiti di frammenti solidi di vecchie lave o appartenenti al tavolato del cono vulcanico, spinti fuori in masse talvolta anche di notevoli dimensioni.

Le bombe vesuviane sono formate da frammenti solidi di vecchia lava, inviluppati da lave recenti, di forma allungata, spinti in alto con violenza.

Per i movimenti di rotazione durante il percorso assumono forma affusolata e, a causa della pressione dei gas in esse contenuti, possono anche scoppiare come delle vere bombe.

 

c) Lapilli.

I lapilli sono piccole scorie gettate fuori dai gas provenienti dalla bocche di eruzioni.

Pompei fu seppellita da lapilli costituiti da piccole pomici.

La grandezza dei lapilli varia fra quella di un pisello a quello di una noce o anche di più.

 

d) Sabbie.

Le sabbie sono costituite da lapilli ridotti in particelle di pochi millimetri.

 

e) Ceneri vesuviane.

Sono costituite da sabbia sottile di vario colore, della stessa natura delle lave.

Poiché le ceneri sono molto leggere possono essere trasportate dal vento anche a grandi distanze. 

Così, le ceneri del Vesuvio prodotte nell’eruzione del 1872 si portarono su tutta l’Italia,  e perfino a Costantinopoli e sulle coste africane.

 

21.4. – Mofete.

     Le mofete sono sorgenti di anidride carbonica (detto anche acido carbonico), irrespirabile, capace di produrre l’asfissia e anche la morte negli animali e nell’uomo.

Presso il Vesuvio hanno durata limitata e si trovano al termine delle eruzioni.

Talvolta si formano nelle chiese delle zone interessate alle eruzioni vulcaniche, come quelle che si formarono nelle chiese di S. Maria a Pugliano di Resina e a S. Maria del Principio di Torre del Greco.

Ai campi Flegrei di Napoli, si trovano nella nota Grotta del cane, detta così perché l’anidride carbonica non colpisce l’uomo per la sua maggiore altezza, ma il cane che è più basso; questa ha durata illimitata, anche se non è costante la quantità di gas emanati.

Gli studiosi Monticelli e Covelli trovarono l’acido carbonico nel cratere vesuviano; Palmieri lo trovò nelle più deboli fumarole del Vesuvio, ma anche nel profondo cratere della famosa eruzione vesuviana del 1872.

Home page