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N. 13. – Eruzione del 1822.

 

 

         Il Vesuvio durante l’eruzione del 1822.

Nell’ottobre del 1822 si manifestò un’eruzione simile a quella che avvenne nel 79 (eruzione di tipo pliniano).

Anche allora sul vulcano si ergeva un maestoso pino, dal quale partivano folgori, proiettili e ceneri, mentre la lava copiosa scendeva verso la pianura e forti detonazioni causavano il panico fra la popolazione vesuviana.      

L’eruzione, assai spettacolare, cambiava aspetto giorno dopo giorno e anche di notte, per cui molti pittori ebbero l’opportunità di ritrarre immagini davvero sublimi e terrificanti.

La figura riportata mostra il maestoso pino, come definito da Palmieri.

Questa grande e spettacolare eruzione fu osservata e studiata da scienziati appassionati del Vesuvio, quali Monticelli, Covelli (Bibl. 6 e 12)[1], Pilla e Scacchi, che si possono ritenere i primi ideatori di un Osservatorio posto alla falde del Vesuvio, per avere il vulcano sotto costante osservazione.

Anzi, Monticelli e Covelli, in una loro breve storia del Vesuvio riguardante gli anni 1821-23, espressero il vivo desiderio che “…uomini istruiti vegliassero in un Osservatorio Meteorologico vulcanico…”.

Ma questo loro sogno non fu preso in seria considerazione da governi e governanti, fino a quando a chiederlo fu il celebre fisico Macedonio Melloni, che riuscì a far costruire, su suo progetto, il famoso Osservatorio Meteorologico Vesuviano in Ercolano (NA), alle falde del Vesuvio.

 

 

13.1. – La Covellina nel Vesuvio.   (Home page)

 

Conviene soffermarsi un po’ sugli studi eseguiti da Nicola Covelli (Caiazzo, 1790 – Napoli, 1829) sull’eruzione vulcanica del 1822, perché proprio dopo quell’eruzione egli scoprì, nelle fumarole del Vesuvio, un minerale (bisolfuro di rame, CuS), che poi fu chiamato Covellina o Covellite.        

Riporto direttamente parte del testo mediante il quale lo scienziato caiatino (v. foto) annunciò la sua scoperta, omettendo alcune frasi, per brevità.

 

Covelli, in una sua Memoria[2] del 23 Giugno 1826, scrive:

 

Dall’epoca del 1822, il Vesuvio è restato in quella calma perfetta che suole ordinariamente seguire le grandi eruzioni.

 

Ma in questo silenzio le parti esterne del vulcano non stettero nell’inerzia.

 

La superficie interna del cratere, il pendio orientale ed il pendio occidentale del cono presentano agli occhi dell’osservatore un grande lavoratorio, dove le sostanze vulcaniche esercitano scambievolmente la loro affinità sotto l’influenza di una temperatura più o meno elevata; e siccome questa si abbassa gradatamente in ciascun anno, veggonsi nella stessa proporzione diminuire i fenomeni chimici; e fra poco altro tempo se questa tranquillità non verrà disturbata, non vi saranno altri segni vulcanici nel Vesuvio, che la forma del suo cono, le sue lave e le sue scorie.

 

………i fummajoli del pendio orientale, stabiliti sulle eiezioni molto più abbondanti, e più vicine al centro d’esplosione, trovansi ancora in una temperatura molto elevata, e producono attualmente una serie di composti, molti de’ quali appartengono a specie mineralogiche nuove.

 

Qui sublimasi ancora il cloruro di piombo puro…In questo stesso luogo l’acido idrosolforico reagendo su questo cloruro in vapori, dà luogo alla formazione della galena in piccole squame disseminate sulle termantiti.

 

Alri fummajoli producono il rame ossidato nero in foglie tenuissime, metalloidi e splendenti, mediante la reazione de’ vapori acquei sul cloruro di rame, alla temperatura rossa, che si manifesta all’interno di questi attivissimi fummajoli.

 

Qui formasi ancora il perossido di ferro, metalloide rosso di rame, o violaceo, con lo stesso processo.

 

Mentre qui i vapori acquei reagiscono sul percloruro di ferro, altrove questo stesso vapore esercitando la sua chimica azione alla stessa temperatura, su i miscugli di cloro e percloruro dello stesso metallo producono il ferro oligisto in piccoli cristalli o lamelle aggregate su le scorie e ne’ loro voti……

 

A misura che può aprirsi un cammino nell’interno del cratere per fare delle esperienze presso quell’interessanti fummajoli, scopronsi altre specie non mai vedute al Vesuvio.

 

Il mio Collega, il Cav. Monticelli, da alcuni saggi che gli erano stati portati dall’interno del cratere, aveva giudicato con la sua non ordinaria penetrazione, che potevasi scoprire qualche cosa di nuovo, e m’impegnò a visitare i fummajoli in questa interessante località.

 

Io scesi dunque, in Luglio, nel cratere e mi arrestai sul pendio interno, alla distanza di circa 300 piedi dall’orlo della grande smargianatura orientale, per la quale sboccò la gran corrente di lava che minacciò la distruzione del villaggio di Boscotrecase, nel 1822.

 

I fummajoli che mi arrestarono qui, mostrano le più belle cristallizzazioni di calce solfata in lamine divergenti perlacee e di zolfo.

 

Scavando nell’interno di tali fummajoli trovasi su le scorie una specie d’intonaco, di crosta o di grumi che non sono dello stesso colore, mostrando la gradazioni del nero, del turchino e del verde mescolati in tutte le proporzioni.

 

Qualche volta la stessa sostanza prende l’aspetto di una tela di ragno, o quello di fuligine di un nero appannato, nelle cellette delle scorie.

 

Non avendo mai visto nel Vesuvio simili produzioni ne raccolsi de’ saggi per esaminarli con più agio.

 

Ma non si doveva trascurare la natura de’ vapori che facevansi strada a traverso le fenditure delle lave. Questo vapore fu raccolto coll’apparecchio distillatorio di vetro per essere esaminato a casa…

 

Esame della sostanza nera.

…….trattata col cannello…..brucia con odor di acido solforoso….e fondesi in una scoria nera.

Questa scoria trattata sul carbone, alla fiamma interna del cannello riducesi in rame metallico, esente di ferro……

La sostanza nera è insolubile nell’acqua; disciogliesi nell’acido nitrico……

Nell’atto della reazione dell’acido formasi una crosta giallo-bruniccia galleggiante…..

…la sostanza nera è solfuro di rame.

 

….questo solfuro è composto in cento parti come segue:

                                     

                                                       Atomi

    Zolfo………….32………… 159……………2

    Rame…………66…………   83……………1

    Perdita…………2

                   _________

                         100

 

Quest’analisi, conclude Covelli, mostra dunque che la sostanza nera è un bi-solfuro di rame.

        

Esame della sostanza turchino-bruniccia e turchino-verdiccia incrostata su le scorie.

 

…..la sostanza in questione è un miscuglio di solfato di rame e d’idroclorato e solfato di questo metallo.

 

Varietà del bi-solfuro di rame.

1)    Fuliginoso, reticolato, nero,…..

2)    Incrostante, nero turchino-bruniccio-verdiccio,………

3)    Nascente dalla scomposizione delle varietà antecedenti esposte all’aria.

4)    Epigeno superficiale turchino bruniccio o verdiccio, incrostante,……

 

Giacitura.

Trovasi ne’ fummajoli del Vesuvio, …ed in piccoli ottaedri aggregati.

 

 

NOTA.

Sul Vesuvio ho potuto reperire facilmente un varietà di Covellina, di un bellissimo colore indaco–azzurro.

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[1] -   La scrittura (Bibl. 6,12) indica i libri nn. 6 e 12 della BIBLIOGRAFIA, qui riportata a termine del presente lavoro.     

[2] -   Atti della R. Accad. delle Scienze, Sezione della Società R. Borbonica, Vol. IV, Bibl. Naz. di Napoli.