N. 16. –
Eruzione del 1855.
Dopo
l’eruzione del 1850 i due crateri formati ebbero un periodo di riposo.
Restava
l’attività delle fumarole, formatesi verso gli orli dei crateri e altrove.
Da
queste fumarole usciva molto fumo e si formavano sublimazioni, che Palmieri
raccoglieva per esaminare in laboratorio.
In
quelle sublimazioni egli trovò, per la prima volta sul Vesuvio, l’acido
borico.
Nel
dicembre 1854 si formò una voragine verso l'orlo Nord dell'altopiano del
vulcano con emissione solo di fumo; ma nel maggio del 1855 vi fu una prima
apertura sul lato settentrionale del cono, seguita da altre bocche più in
basso, con emissione di lave e di proiettili.
La
lava scendeva abbondante e ben presto invase l'atrio del Cavallo e poi,
come un fiume, si versò nel fosso della Vetrana, passò sopra i ruderi
dell'Eremo e si gettò nel fosso del Faraone, avvicinandosi
ai villaggi di Massa e di S. Sebastiano, situati su sponde
opposte di questo fosso.
Scorrendo
nel fosso del Faraone, la lava stava per raggiungere un ponte in
muratura che collegava i due villaggi menzionati.
Allora
gli abitanti di questi villaggi pensarono di abbattere il ponte per eliminare
un ostacolo al percorso della lava ed impedire che questa, gonfiata dal
contatto col ponte, si portasse sulle case vicine. Ma la lava si fermò prima di
raggiungere il ponte; allora gli abitanti decisero di non abbatterlo più e si
ritirarono nelle case.
Sfortunatamente,
dopo la mezzanotte, altra lava sopraggiunse e invase il ponte. Una parte di essa si portò su alcune case
situate ai suoi estremi, distruggendole, mentre l’altra parte proseguì, nel fosso,
verso il villaggio di Cercola.
Nei
pressi di questo villaggio vi era un altro ponte, anch’esso a cavallo delle
sponde del fosso del Faraone. Allora gli abitanti demolirono il ponte,
per evitare alle loro abitazioni gli effetti devastanti già subiti dalle case
dei villaggi sopra menzionati; ma la lava si fermò senza raggiungere neanche il
ponte, inutilmente distrutto.
Palmieri
racconta che nelle sublimazioni delle fumarole formatesi in quella
eruzione egli scoprì, nel fosso della Vetrana, una gran quantità di cloruro
di piombo (cotunnia, PbCl2), mai trovato prima tra le
sublimazioni delle lave.
Il Vesuvio durante l’eruzione del 1855.