N. 19. – Eruzione del
1872.
Il Vesuvio durante l’eruzione del 1872,
visto da Napoli.
Il
23 aprile 1872 il sismografo dell'Osservatorio è attivo, la sera del 24 il cono
vesuviano appare solcato da un gran numero di lave che il giorno 25 più non
scorrevano, tranne una alla base del cono; il sismografo però si mostrava
sempre attivo.
La
sera del 25 molte persone, non vedendo più le lave del giorno precedente, si
avventurarono verso l'unica che ancora scorreva. Passando davanti
all'Osservatorio furono sconsigliate, dal Palmieri, di proseguire, perché il
vulcano era minaccioso (egli lo deduceva dall'attività del sismografo). Ma
quelle vollero proseguire e si avviarono a piedi verso l'atrio del Cavallo per
arrivare all'unica lava che splendeva.
Verso
le 4 del mattino, mentre quelle persone ritornavano, il piccolo cono sprofondò,
si aprì una larga cavità sul lato N.O., da cui venne fuori un’enorme quantità
di lava infuocata e dal cratere superiore partivano proiettili
infuocati, che cadevano nell'atrio del Cavallo. Quei poveretti, sorpresi da
questi improvvisi fenomeni, morirono quasi tutti, sommersi dalla lava o colpiti
dai proiettili infuocati; i superstiti furono gravemente feriti e morirono
dopo, negli ospedali o presso l'Osservatorio.
Il
fiume di lava infuocata, superato l'atrio del Cavallo, entrò nel fosso
della Vetrana e un ramo si sovrappose alle lave del 1868 e 1871, dalla
parte Sud dell'Osservatorio. La lava che era entrata nel fosso della Vetrana
ben presto entrò nel fosso del Faraone e si divise in due rami, uno si
diresse nel piano delle Novelle e l'altro tra i due villaggi di Massa
e S. Sebastiano, coprendo diverse case e, proseguendo, giunse fino ad un
villaggio nei pressi di Cercola.
Palmieri
era lì, all'Osservatorio, mentre gli abitanti di tutti i villaggi vicini erano
in fuga.
La
notte fra il 26 e 27 aprile l'Osservatorio si trovò tra due fiumi di lave
infuocate; lo spettacolo, egli dice, "era veramente sublime".
Sul
terrazzo dell'Osservatorio il termometro segnava ben 74 gradi; dal cratere, che
muggiva paurosamente, partivano proiettili che arrivavano fino
all'Osservatorio.
Mentre
la lava scorreva, in essa si aprirono tre nuove bocche, da cui uscivano fumo e
sassi.
Al
mattino del 27 la lava diminuiva ma dal cratere, che continuava ad emettere
terribili boati, venivano fuori cenere e proiettili che ruppero
tutti i vetri dell'Osservatorio.
La
gente fuggiva verso Napoli e parecchi, da Napoli, andavano verso Roma. La
figura riportata mostra l'eruzione vista da Napoli.
Palmieri
fu creduto morto. Per questo suo coraggio fu nominato Grand'Ufficiale
dell'Ordine Mauriziano, poi Cavaliere del merito civile di Savoia ed
infine anche Senatore del Regno.
Egli,
mediante l'uso del grande spettroscopio a visione diretta di Hoffmann,
che il giorno 25 era corso a prendere a Napoli, lasciando l'Osservatorio solo
per poche ore, fece importanti osservazioni sulle lave fluenti e sulle fumarole
prodotte dalle lave stesse.
Da
tali osservazioni del 1872 e da altre precedenti dedusse la presenza, nelle
fumarole, delle seguenti sostanze: tallio, acido borico, solfato di calcio,
ferro oligisto, clorocalcite (già vista da Scacchi), carbonati alcalini,
sale ammonio giallo, cotunnia gialla, tenorite, e di una varietà di quest’ultima
contenente piombo che, in onore del Melloni, egli chiamò mellonite.
Questa
eruzione fu la fase finale di un periodo eruttivo iniziato nell'autunno del
1870.
La
seconda figura mostra il profilo del Vesuvio dopo l'eruzione del 26 aprile
1872. Il cratere, di 250 metri di diametro, era diviso in due da una specie di
muro ciclopico.
Il Vesuvio dopo l’eruzione del 26 aprile
1872.
Dopo
un breve periodo di riposo, il 18 dicembre 1875 iniziò una nuova fase eruttiva,
che si concluse solo dopo la morte di Palmieri, nel 1906.
La terza figura mostra il Vesuvio nel 1880.
Il Vesuvio nel 1880.
Con queste ultime
eruzioni termina la storia di Palmieri sul grande vulcano.