N. 2. – Il
Vesuvio.
Prima di procedere alla descrizione delle varie eruzioni del
Vesuvio, vediamo alcune teorie propugnate dal Palmieri, mediante le quali egli
riusciva a presagire le attività del vulcano.
Egli chiama eruzioni centrali quelle che avvengono
attraverso il cratere principale del vulcano, ed eccentriche quelle che
avvengono attraverso altre bocche aperte nei pressi del cratere principale.
Le eruzioni eccentriche talvolta
sono più nocive di quelle centrali, perché emettono una maggiore quantità di
lava e, soprattutto, perché
par che giungano come sorpresa.
2.1. – Segni
premonitori delle eruzioni.
Per limitare i danni, i vulcanologi cercarono i segni
premonitori delle eruzioni; e li rinvennero in certi fenomeni che si
manifestano prima delle eruzioni stesse, anche se non in maniera costante e
sicura.
Tra questi segni premonitori il Palmieri, con riferimento al
Vesuvio, cita la scarsezza o l’abbondanza delle piogge; la mancanza o la
scarsezza delle acque nei pozzi dei paesi circostanti al Vesuvio, alcuni
giorni prima degli incendi del vulcano.
Ma quest’ultimo segno premonitore non avviene in maniera costante.
Infatti:
Nell’incendio del 1861 le acque di Torre del Greco presentarono
fenomeni singolarissimi, ma dopo che l’incendio si era manifestato.
I pozzi per lo più bollivano per gorgoglio di acido carbonico, che
copioso si svolgeva dal suolo; in alcuni l’acqua crebbe e in altri sparve per
non più ritornarvi; apparvero acque termali, ecc.
Ancora, gli osservatori del Vesuvio scoprirono che prima delle
eruzioni le fumarole aumentano in numero, la loro temperatura s'innalza,
cambia la composizione chimica, passando dall'acido carbonico a idrogeno
solforato e ad acido solforoso; poi emettono acido cloridrico e si formano le sublimazioni
sugli orli (sesquicloruro di ferro, di colore giallo).
Successivamente si apre qualche
crepaccio, si produce qualche sprofondamento e poi appare il fuoco, in primo
momento appena visibile e poi sempre più intenso.
Così ha inizio un nuovo periodo
eruttivo, che può durare poco o molto tempo, anche senza dar preoccupazione,
fino a quando non sopraggiunga la fase finale spettacolosa.
I segni premonitori sopra indicati
presagiscono fasi di modesta entità ma, secondo Palmieri, è possibile prevedere
anche la fase finale, ossia quella disastrosa.
Egli ritiene, infatti, che ciò sia possibile a condizione di
studiare bene il vulcano, esaminando in particolare l'attività del sismografo.
Così, ogni volta che il sismografo ha segnato scosse abbastanza sensibili,
continue e di lunga durata, sempre si sono avute poi grandi e disastrose
deflagrazioni; inoltre durante l'attività del vulcano il sismografo è restato
sempre in azione.
A volte però le oscillazioni del suolo sono poco sensibili e
tuttavia esse presagiscono una crescente attività del vulcano.
Quando il sismografo non segnala scosse, oppure queste sono piccole
e frequenti (e non continue) o anche intervallate di qualche ora, allora il
Vesuvio è in riposo e le eventuali scosse sono dovute a terremoti lontani.
In effetti Palmieri ritiene che mediante gli apparecchi sismici si
possano presagire, "almeno parecchie ore prima", le
attività eruttive.
Egli è convinto, inoltre, che tutte le fasi eruttive più importanti
fossero avvenute con la luna piena o la luna nuova, cioè nelle sizigie.
Altro segno
premonitore è il ritiro delle acque del mare dalla
spiaggia.
In proposito,
Palmieri scrive:
Spesso il mare si ritirò
dal lido per molti passi, poco prima che un grande incendio si manifestasse.
Ma non sempre è andata così. Infatti il fenomeno può anche essere
contemporaneo all’incendio del vulcano, come avvenne sulla spiaggia di Torre
del Greco durante (e non prima) l’incendio del Vesuvio del 1861.
Inoltre il Palmieri, che era presente su quella spiaggia, poté
osservare che il mare si era ritirato non per abbassamento del suo
livello ma per innalzamento del suo fondo; onde molti fabbricati furono distrutti, senza che
vi fosse stato alcun terremoto.
In seguito il mare ritornò sulla
spiaggia, non per aumento del suo livello bensì per abbassamento del suo fondo,
sia pure molto lentamente.
Inoltre, a proposito delle eruzioni eccentriche, egli
scrive:
Dopo che un
apposito osservatorio fu stabilito a poca distanza dal Vesuvio, ho potuto
vedere che con osservazioni accurate sul cratere e con alcuni strumenti (sismografi e
variometri magnetici) si può sempre predire le grandi arsioni del monte. Imperciocchè se
queste sono centrali, non cominciano improvvisamente, siccome di sopra si è
detto; e se sono eccentriche, sempre qualche indizio se n’ha studiando la cima
del cono.
Ma
quello che non era facile a prevedere, era il momento in cui un’eruzione
eccentrica dovesse appalesarsi, imperciocchè l’eruzione eccentrica del 1855 era
stata accennata sul cono molti mesi prima; e mentre dura un’eruzione centrale,
non si può dire quando il cono si fenderà per dare più libero sfogo alle lave. Allora alcuni
strumenti con diligenza osservati possono presentare indizi sicuri.
Egli pone anche precisi legami fra terremoti ed
eruzioni vulcaniche.
In proposito asserisce:
Quando le lave
raccolte in gran copia nelle viscere del monte fanno impeto per uscire, non può
la massa di questo rimanere tranquilla: ecco perché quando si debbono aprire
nuove bocche vincendo grandi resistenze, i terremoti sono il preludio delle
grandi eruzioni.
Prima che il
Vesuvio passasse dal periodo preistorico all’era moderna, grandi terremoti si
fecero sentire ne’ luoghi vicini.
L’eruzione del
Monte Nuovo fu preceduta da lunghi e forti terremoti; ma non sempre il suolo è
sì fortemente agitato da far sì che la gente se ne accorga, né sempre i moti
del suolo si propagano fino alle terre abitate.
Ecco perché il
sismografo elettromagnetico, di cui vi parlerò in proposito de’ terremoti, ha
dimostrato che il suolo del Vesuvio comincia ad agitarsi alcuni giorni prima
che un incendio si riveli, né si calma se non quando questo volge al suo termine;
dice la stessa cosa l’apparecchio di variazione di Lamont, il quale avendo tre
aghi sospesi ai fili di bozzolo i quali mostrano, siccome appresso diremo, i
loro moti ingranditi, questi aghi si vedono continuamente agitati da forti
vibrazioni orizzontali e verticali, onde spesso riesce impossibile leggere i
numeri delle loro scale.
Palmieri è convinto che le conflagrazioni vulcaniche siano fenomeni
periodici e quindi sarebbe possibile prevederne gli eventi.
Interessante,
in proposito, è la conferenza (l'ultima della sua vita) che egli tiene, ormai
vecchio, nel Liceo Genovesi, nel novembre 1893, dietro invito della Società
alpina meridionale, sull'ultima fase eruttiva del Vesuvio.
In quella conferenza fra l'altro, dice:
1) «La storia del Vesuvio si ha per eruzioni che non
sono se non fasi più o meno splendide dei periodi eruttivi. E ci sono lunghi
periodi tranquilli, che non destano l'attenzione di nessuno, non fanno danno a
nessuno e però nessuno se ne occupa, finché viene la conflagrazione, che è la finale,
perché il Vesuvio è artista grande, spettacoloso.
Or questi periodi
non hanno identica durata; l'attuale di cui parlo somiglia a quello che fu nel
principio del secolo scorso.»
2) « Nel 1791 si
ebbe una grande eruzione e la lava si versò sopra Torre del Greco..... A questa
grande eruzione seguì un periodo di riposo, più lungo del consueto. Solo
infatti al principio del 1801 si cominciò a notare una certa attività
eruttiva... che continuò fino al 1822.»
3) « Un periodo eruttivo di lunga durata, che è
quello che ancor dura, cominciò tre anni dopo la grande eruzione del 1872.
Questa che fu il finale di un periodo antecedente, in 30 ore menò fuori 20
milioni di metri cubi di lava....».
4) « Nel giugno
1891 successe un incremento eruttivo, e cominciò ad uscire la lava dall'atrio
del Cavallo. Questa lava non ha cessato mai; fu una fase un po’ cospicua e
corrispondeva all'eclissi solare... E qui mi permetto di dire che questi
incrementi eruttivi e queste fasi finali o questi aumenti durante un periodo
eruttivo, per lo più corrispondono ad un plenilunio o ad un novilunio. ... In ogni sizigia si ha un certo
risentimento, ed avviene sempre così.»
5) « Secondo vi
avevo detto, bisogna ora guardare un po’ allo avvenire, perché il presente è
figlio del passato ed è gravido dell'avvenire (espressione dovuta a Leibniz) e
si ha un tal quale diritto di presagire quello che accadrà. Accadrà una
spettacolosa fase finale. Io non conosco eruzioni che non abbiano avuto in precedenza una
preparazione e per termine una fase spettacolosa, quindi questa deve avvenire.
Se non verrà è la prima volta che il Vesuvio manca al suo dovere.»
Osservazioni.
Effettivamente quella fase spettacolare
di chiusura del periodo eruttivo avvenne, ma 10 anni dopo la morte di
Palmieri, nel 1906.
Gli studiosi moderni ritengono che, dopo il 1906, sia iniziato un
altro periodo eruttivo nel 1913 e si sia concluso col parossismo del marzo
1944.
Dal 1944 ad oggi non è ancora iniziato un nuovo periodo eruttivo
ma, secondo i presagi di Palmieri, ciò dovrebbe accadere, e anche presto,
perché negli ultimi secoli il Vesuvio non ha mai avuto una pausa così lunga,
superiore ai 50 anni.